Onorevoli Deputati! - La riforma dell'ordinamento delle professioni intellettuali è attesa dai professionisti italiani da oltre due legislature, nel corso delle quali altrettante iniziative legislative non hanno avuto alcun esito.
      Nel corso della presente legislatura è stata avviata dal Governo una nuova iniziativa legislativa in tema di riforma delle professioni, che però non interpreta compiutamente le aspirazioni dei professionisti italiani, che puntano al riconoscimento della centralità del loro ruolo fondato sulla conoscenza, della libera concorrenza intesa come diversificazione e certezza dell'offerta sull'intero territorio nazionale, della sussidiarietà di talune funzioni, della tutela degli interessi generali e collettivi, della estraneità del professionista allo statuto dell'imprenditore, della valorizzazione dello studio professionale come risorsa economica per il professionista e la famiglia, del riordino delle attività espresse in forma societaria, del sistema duale nel rispetto e nell'indipendenza delle attività di specifica competenza.
      Questi auspicati princìpi trovano, invece, puntuale riscontro nella presente proposta di legge, elaborata dai professionisti nell'interesse della collettività e valorizzando l'economia dei saperi, di cui le professioni rappresentano il pilastro fondamentale.

      Il titolo I detta finalità e princìpi cardine della riforma, nel pieno rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, fornendo i criteri, estrapolati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, sulla base dei quali lo Stato e le regioni possono esercitare le relative potestà normative e dare finalmente, nel settore, compiuta attuazione al titolo V della parte seconda della Costituzione.

      Al capo I, nell'articolo 1 sono indicate le finalità della riforma, che tengono conto che l'attività professionale è per sua natura

 

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destinata ad incidere su interessi generali. Tutto l'impianto del progetto è, quindi, finalizzato a tutelare gli interessi generali e collettivi connessi con l'esercizio professionale; a favorire l'iniziativa dei professionisti e delle relative organizzazioni per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà; a valorizzare la funzione economica e sociale della professione, quale risorsa prioritaria del settore dell'economia della conoscenza.

      La riforma mira quindi a dare attuazione nel settore delle professioni al principio di sussidiarietà, introdotto dalla riforma della Costituzione del 2001, per il tramite delle organizzazioni, private e pubbliche, delle categorie.

      L'articolo 2 stabilisce i princìpi che informano l'articolato. In primis, il principio di professionalità specifica, che ha quale fonte l'articolo 33, quinto comma, della Costituzione. In ragione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, sono altresì espressamente indicati: i princìpi di libera prestazione dei servizi, di libera circolazione e stabilimento e, più in generale, i princìpi di libera concorrenza, la cui applicazione deve tenere conto dell'interesse generale ai miglioramenti delle condizioni di offerta sul mercato, che comportano un sostanziale beneficio per gli utenti e la collettività, connessi: alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, come garanzia di offerta dei relativi servizi sull'intero mercato, nonché alla differenziazione e pluralità dell'offerta medesima, che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti e la compiuta tutela dei relativi diritti ed interessi.

      L'articolo 2 mira a dettare le condizioni per la creazione di uno statuto normativo della concorrenza dei servizi professionali.

      Sempre l'articolo 2 si premura di precisare che le disposizioni normative stabilite ai sensi della riforma sono, da un canto, integrate dai codici deontologici di cui dovranno dotarsi le singole categorie e, dall'altro, dal codice civile e dalle leggi di settore.
      Nell'articolo 4 sono indicati i criteri sulla base dei quali - in conformità a quanto previsto dalla Corte costituzionale - può essere declinata la ripartizione di competenza tra lo Stato e le regioni. Dalla giurisprudenza costituzionale emerge infatti come quella delle professioni sia una materia che - oltre che nella competenza concorrente Stato-regioni - può rientrare nella competenza esclusiva dello Stato (vedi la disciplina degli ordini e quella degli esami di Stato) e in quella regionale (vedi i compensi per servizi locali).

      Il capo II della riforma, all'articolo 5, introduce il principio cardine del sistema, quello per cui l'esercizio della professione è libero ed è ordinato sull'autonomia, intellettuale e tecnica, del professionista.

      L'unica eccezione è prevista per le professioni che implicano lo svolgimento di funzioni pubbliche per le quali, unitamente ad un esame di Stato in forma concorsuale, può essere prevista la predeterminazione numerica degli abilitati.

      L'articolo 6 entra nel merito delle modalità di esercizio dell'attività professionale, che può essere svolta a titolo individuale, associativo o societario. In queste ultime due ipotesi - in attuazione del principio di professionalità specifica - è previsto che l'attività debba essere svolta sotto la direzione e la responsabilità personale del professionista.

      Infine viene ribadita l'estraneità del professionista - anche quando operi per il tramite di società di persone (articolo 10) - allo statuto dell'imprenditore in ragione del fatto che nella sua attività il momento qualificante è dato dai saperi e dalle abilità e non dall'organizzazione, che anche quando significativa è sempre funzionale ai primi. Tale estraneità non viene a configurare un privilegio in quanto alla stessa corrisponde il principio - già affermato all'articolo 6 e riproposto all'articolo 10 - per il quale il professionista è sempre - e diversamente dall'imprenditore - illimitatamente responsabile dell'attività resa anche da parte dell'organizzazione.

      Ai sensi dell'articolo 7 spetta alla «legge» stabilire le professioni che possono
 

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essere esercitate in regime di lavoro subordinato, anche parziale. In tal caso, dovrà essere salvaguardata l'autonomia, intellettuale e tecnica, del professionista quale garanzia di corretto espletamento delle sue prestazioni e, al contempo, dovranno essere dettate specifiche regole deontologiche, tenuto conto del regime di dipendenza.

      All'articolo 8 si prevede una delega al Governo affinché metta a punto una serie di misure preordinate, da un canto, a rendere più competitivi i professionisti e, dall'altro, a valorizzare lo studio professionale come risorsa economica per il professionista e la sua famiglia.
      In particolare serve a rendere più competitivi i professionisti la delega relativa a:

          a) la riforma dei contratti che hanno ad oggetto le prestazioni professionali. Per le imprese è prevista una categoria di contratti che non trova corrispondenza per il professionista, la cui attività è tipicamente disciplinata dal contratto di opera intellettuale. Si riconosce l'esigenza di definire nuovi contratti che, salvaguardando la specificità dell'attività professionale, consentano un'adeguata risposta alle esigenze della prassi, anche, ma non solo, favorendo le aggregazioni, non necessariamente stabili, dei professionisti;

          b) la riforma della legge sul diritto d'autore, le cui disposizioni non sono adeguate ad assicurare - pur prevedendola - una compiuta tutela delle opere dell'ingegno che possono essere prodotte dal professionista nella sua attività in linea con quanto stabilito da altri ordinamenti - come quello anglosassone - la cui esperienza ha dimostrato che una siffatta tutela può costituire un volano economico per il settore (vedi professioni tecniche);

          c) l'introduzione di una disciplina che consenta la locazione, la vendita e l'usufrutto dello studio professionale in modo da far sì che quest'ultimo - nel rispetto del rapporto fiduciario con la clientela - possa costituire una risorsa economica per il professionista (impedito a svolgere la professione) e la famiglia (in caso di decesso del professionista);

          d) introdurre un'apposita disciplina dei segni distintivi dello studio professionale, che ne assicuri la protezione e l'utilizzazione, anche economica, nel rispetto del decoro della professione, coerentemente con l'esigenza di potenziare la competitività dei professionisti sul mercato;

          e) disciplinare organicamente i rapporti di collaborazione nell'ambito dell'organizzazione interna dello studio professionale (professionisti junior, ausiliari, personale, praticanti eccetera);

          f) estendere la legislazione che dispone finanziamenti, agevolazioni e incentivi per le imprese al fine di applicarla per quanto compatibile ai professionisti con particolare riferimento ai giovani. Nel momento in cui il professionista è chiamato a confrontarsi sul mercato, fatta salva la sua specificità, deve essere messo nelle condizioni di competere alla stessa stregua delle imprese.

      All'articolo 9 sono poste le condizioni affinché il cliente sia adeguatamente informato della copertura assicurativa del professionista al quale si rivolge.

      Al contempo si consente alle organizzazioni, pubbliche e private, dei professionisti di contrattare delle polizze-tipo al fine di rendere effettiva la tutela.
      Gli articoli 10, 11 e 12 dettano una disciplina organica delle forme societarie che possono essere utilizzate dai professionisti per la loro attività.

      Al fine di esemplificare il quadro normativo, si è adottato il modello della società tra avvocati, introdotta nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 96 del 2001, e lo si è elevato a tipo della società tra professionisti (STP), valido per tutte le categorie.

      L'articolo 11 è preordinato a disciplinare la società interdisciplinare, adeguando la STP ai singoli ordinamenti di categoria, ai quali è demandato il compito di stabilire limiti e incompatibilità, in linea con quanto stabilito dalla Corte di giustizia

 

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delle Comunità europee, che, a mero titolo esemplificativo, ha ritenuto conforme ai princìpi comunitari l'ordinamento degli avvocati olandesi che proibiva società interdisciplinari con i sindaci.

      L'articolo si occupa anche della società di servizi professionali (SSP), ossia della società alla quale partecipano anche soci non professionisti - siano essi di capitale o di opera - la quale è da ritenere generalmente ammissibile a condizione che:

          a) nelle società regolate dai capi II, III e IV del titolo V del libro V del codice civile, la maggioranza numerica e per quote dei soci sia costituita da coloro che esercitano la professione di cui all'oggetto sociale;

          b) nelle società regolate dai capi V, VI e VII del titolo V del libro V del codice civile, la maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria spetti a coloro che esercitano la professione di cui all'oggetto sociale;

          c) l'amministrazione sia affidata ai soci professionisti.

      L'articolo 12 salvaguarda doverosamente i tipi societari oggi esistenti, delegando il Governo a riordinarne, se del caso, la disciplina conformante ai princìpi della riforma.

      L'articolo 13 completa il riordino, con riferimento alle cosiddette «associazioni di professionisti» in conformità ai princìpi della riforma.

      Il capo IV è dedicato all'individuazione, riconoscimento e organizzazione delle nuove professioni.

      La disciplina riprende l'impostazione, anche letterale, della legge 1o febbraio 2006, n. 43, che reca «Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali». Tale riferimento è stato assunto per due ordini di motivi, il primo di carattere tecnico: si tratta della prima ed unica legge che ha proceduto alla riforma del settore dopo l'entrata in vigore del titolo V della parte seconda della Costituzione; il secondo di carattere politico: il testo è stato approvato da tutte le forze politiche (di maggiorana ed opposizione) presenti in Parlamento nella scorsa legislatura, con l'astensione della sola Lega Nord.

      La legge, all'articolo 5, ha introdotto un meccanismo che ha negli accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano la fonte per «l'individuazione di nuove professioni in ambito sanitario». Si tratta di una soluzione che è stata fedelmente riproposta all'articolo 14 in quanto assicura il diretto coinvolgimento delle regioni coerentemente con la riforma costituzionale che ha affidato la materia delle «professioni» alla competenza concorrente.

      L'istituzione di nuovi Ordini è esclusa laddove venga accertata l'omogeneità tra percorsi formativi con professioni le cui competenze incidono su interessi generali della medesima natura di quelli della nuova professione. In tal caso si deve procedere all'adeguamento dell'ordinamento di riferimento, garantendo l'autonomia delle diverse professioni afferenti all'albo e, in ragione del numero degli iscritti, l'adeguata rappresentanza negli organi dell'Ordine.

      Per le professioni di interesse generale, l'articolo 15 affida agli ordinamenti di categoria il compito di determinare:

          a) le competenze professionali sulla base del titolo di studio universitario e dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, con la puntuale identificazione delle prestazioni riservate, se del caso in esclusiva;

          b) il titolo professionale;

          c) i requisiti formativi per l'esercizio professionale e il tirocinio per l'ammissione all'esame di Stato;

          d) il regime delle incompatibilità e gli ulteriori requisiti per l'esercizio professionale a tutela degli interessi generali ad esso connessi.

 

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      Per le altre professioni gli ordinamenti di categoria dovranno, invece, determinare:

          a) le competenze professionali sulla base del titolo di studio universitario;

          b) il titolo professionale, i requisiti formativi per l'esercizio professionale e gli ulteriori requisiti per l'esercizio professionale a tutela dell'affidamento della clientela.

      Il titolo II si occupa delle professioni di interesse generale, tali essendo le professioni per il cui esercizio, ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, è richiesto il superamento dell'esame di Stato e l'iscrizione in albi tenuti dagli ordini.

      Professioni di interesse generale possono essere istituite solo ed esclusivamente nei casi in cui:

          a) la professione incide su interessi generali;

          b) sussiste un'esigenza di tutela dell'affidamento della clientela o della collettività;

          c) emerge una rilevanza sociale dei costi derivanti dall'esercizio non corretto della professione.

      L'articolo 17 stabilisce le condizioni e le modalità per il tirocinio e per l'esame di Stato.

      L'articolo 18 disciplina l'organizzazione in Ordine delle professioni di interesse generale. L'Ordine ha compiti di autogoverno della professione e di autodisciplina dei comportamenti dei professionisti, di cui ha la rappresentanza istituzionale, ferme restando le funzioni di rappresentanza proprie dei sindacati. L'Ordine professionale è ente pubblico nazionale non economico a carattere associativo; è connotato da indipendenza funzionale e da autonomia patrimoniale e finanziaria; è soggetto alla vigilanza del Ministero della giustizia ovvero, per le professioni sanitarie, alla vigilanza del Ministero della salute (articolo 38).

      L'articolo 18 prevede, inoltre, l'articolazione dell'Ordine professionale in un Consiglio nazionale dell'Ordine e in Ordini territoriali. Al fine di favorire il raccordo tra le diverse categorie sulle questioni di interesse generale, i Consigli nazionali e gli Ordini territoriali della medesima regione promuovono, ai rispettivi livelli, la costituzione di organismi comuni per l'attuazione dei compiti agli stessi attribuiti.

      L'articolo 19 disciplina l'articolazione interna degli Ordini territoriali in consiglio, assemblea degli iscritti e collegio dei revisori dei conti.

      Agli ordini non regionali è, altresì, consentito di costituirsi in associazione al fine di favorirne il raccordo nei rapporti con l'amministrazione regionale.

      L'articolo 20 declina i compiti di governo dell'Ordine territoriale e prevede la separazione tra le funzioni più propriamente politiche e quelle disciplinari. Queste ultime sono accentrate a livello regionale in capo ad una commissione, costituita presso l'Ordine del capoluogo di regione, con competenza nei confronti di tutti gli iscritti agli albi del territorio. La commissione, composta da un numero di membri doppio rispetto a quello degli Ordini territoriali, è eletta dagli iscritti. La commissione si costituisce in collegio giudicante senza la partecipazione dei membri appartenenti all'albo dell'incolpato. In caso di Ordine regionale, interregionale o nazionale la commissione è costituita da cinque membri eletti e da quattro membri sorteggiati dal consiglio dell'Ordine tra gli iscritti.

      L'articolo 21 declina i compiti di governo del Consiglio nazionale. Al fine di favorire il raccordo con le articolazioni locali, il Consiglio nazionale convoca periodicamente una Conferenza aperta agli Ordini territoriali nelle materie di legislazione concorrente nonché di informazione e consultazione sulle questioni di interesse comune.

      L'articolo 22 detta i criteri sulla base dei quali dovranno essere disciplinate, stabilendo le ipotesi di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza, le procedure elettorali allo scopo di favorire la partecipazione

 

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degli iscritti e garantire la trasparenza delle operazioni elettorali.

      L'articolo 23 ribadisce la centralità nel sistema del codice deontologico che, predisposto dai Consigli nazionali e valido per l'intera categoria, deve assicurare il corretto esercizio della professione a tutela degli interessi collettivi e generali ad esso connessi nonché presidiare il decoro della professione medesima.

      L'articolo 24 riafferma il principio per cui l'attività professionale può essere oggetto di pubblicità affermativa nel rispetto dei valori e delle modalità espressi nel codice deontologico.

      L'articolo 25, recependo l'indirizzo della Corte di giustizia delle Comunità europee, prevede che le tariffe per le prestazioni riservate siano emanate dal Ministro competente, su proposta dei rispettivi Consigli nazionali, sentito il Consiglio di Stato. Tali tariffe sono inderogabili e sono definite avendo riguardo agli standard qualitativi delle prestazioni e tenendo conto dell'interesse generale. A tutela dell'affidamento della clientela, i Consigli nazionali possono indicare tariffe orientative circa le prestazioni non riservate, avendo riguardo agli standard qualitativi delle prestazioni medesime.

      Gli articoli 26, 27 e 28 riformano il regime della responsabilità, delle sanzioni e del procedimento disciplinare, unificandolo per tutte le categorie. Le norme previste per il singolo si applicano anche alle società.

      L'articolo 29 prevede la possibilità di istituire scuole di «formazione per i professionisti e i tirocinanti, i cui titoli, se rispettosi dei requisiti previsti dal Ministro dell'università e della ricerca, possono valere ai fini dell'ammissione all'esame di Stato.

      Il titolo III è dedicato alle associazioni delle professioni individuate ai sensi dell'articolo 14.

      Gli articoli 30 e 31 prevedono l'istituzione presso il Ministero della giustizia di un registro a cui devono essere iscritte le associazioni costituite da coloro che esercitano le professioni di cui all'articolo 14.

      L'articolo 32 detta i requisiti associativi a cui è condizionato il mantenimento dell'iscrizione:

          a) gli associati, in numero non inferiore a cinquecento, devono esercitare la medesima professione;

          b) lo scopo riguarda la promozione del profilo professionale degli iscritti e il loro aggiornamento e lo statuto deve prevedere le condizioni e i criteri, anche di natura temporale, per il rilascio agli associati di attestati in ordine alla loro formazione e qualificazione, professionale ovvero tecnico-scientifica, nonché al possesso degli altri requisiti professionali stabiliti per l'iscrizione all'associazione, anche in merito al rispetto del codice etico e delle regole associative;

          c) una disciplina degli organi associativi su base democratica;

          d) la dotazione di adeguate strutture, organizzative e tecnico-scientifiche;

          e) l'adozione di un codice etico idoneo ad assicurare il corretto esercizio della professione.

      La riforma, nel prendere atto che talune attività che meritano di essere riconosciute come professioni ai sensi dell'articolo 14 sono organizzate in forma associativa, prevede all'articolo 33 un regime agevolato per quei soggetti che risultano registrati, alla data di entrata in vigore della legge, presso la banca dati tenuta dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
      Il titolo IV disciplina i provvedimenti di attuazione della riforma.
      L'articolo 34 stabilisce che le deleghe legislative devono essere esercitate dal Governo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Entro i successivi due anni potranno essere introdotte le correzioni necessarie.

      Gli articoli 35 e 36 disciplinano, invece, i regolamenti di attuazione e per il riordino delle professioni di cui all'allegato A. Il riordino delle professioni di interesse generale, elencate nel citato allegato A,

 

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deve essere completato entro un anno dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione della legge, di cui all'articolo 35.

      A tale fine potranno essere messi a punto dei testi unici per la delegificazione delle norme vigenti e il loro coordinamento con la riforma.

      Con i citati testi unici può essere disposta l'unificazione degli Ordini ovvero il riordino dei relativi albi, anche per il tramite del trasferimento dei settori, sezioni ed elenchi nei quali sono ripartiti e il conseguente riordino delle attribuzioni di competenza professionale. L'unificazione o il riordino sono proposti dal Ministro della giustizia su istanza dei Consigli nazionali delle professioni interessati, che entro un lasso di tempo determinato predispongono lo schema di testo unico.

      Trascorso invano tale termine, la redazione di ciascuno schema di testo unico è demandata ad una commissione, presieduta da un rappresentante del Ministero della giustizia, composta da esperti designati, pariteticamente, dai Ministeri competenti e dal Consiglio nazionale di volta in volta interessato.

      Al fine di agevolare l'attuazione della riforma, l'articolo 36 prevede che i Consigli degli Ordini in carica rimangono in carica fino alla naturale scadenza. Ove quest'ultima si verifichi prima dell'entrata in vigore dell'ultimo dei provvedimenti con i quali si è proceduto al riordino delle normative vigenti, il mandato è prorogato al centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore di tale provvedimento in modo da consentire ai Consigli l'adozione, per quanto di competenza, dei provvedimenti attuativi della riforma e la compiuta informativa agli iscritti circa il sistema elettorale.

      Il titolo V detta le disposizioni finali. La riforma non comporta oneri a carico del bilancio dello Stato.
 

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